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Alle radici dell’assenza di reazione di fronte agli eventi del mondo

2 Febbraio, 2018 | scritto da Redazione
Alle radici dell’assenza di reazione di fronte agli eventi del mondo
Attualità
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La seguente riflessione del prof. Luigi Vavalà, docente di storia e filosofia presso il liceo De Sanctis di Trani sarà oggetto di un intervento ad un convegno nazionale che si terrà il 16 marzo 2018 a Roma organizzato dall’officina dei saperi.

Un grande filosofo italiano del Novecento, alla domanda dell’intervistatrice se ci fosse qualcosa d’importante su cui non fosse stato sollecitato, rispondeva: “forse è rimasta in ombra una dimensione che ci interessa molto: le reazioni profonde dell’individuo agli eventi del mondo”.(Filosofia, marxismo e impegno politico intervista a Nicola Badaloni a cura di Vittoria Franco, apparsa sulla rivista Iride n° 26, aprile 1999).
Per mondo lautore intendeva gli accadimenti e il campo di relazioni umane; un mondo, seppur delimitato, è sempre aperto a possibilità alternative e a potenzialità estese. Per reazioni profonde agli eventi Nicola Badaloni intendeva la risposta alle sollecitazioni esterne ed interne e quindi la formazione di individui critici e dalla psiche matura.
Mi permetto di fare questa premessa perché, dopo la riforma del 2015, la sedicente Buona Scuola, e la conseguente ed evidente aziendalizzazione della scuola, sempre più sottoposta ad un orgia di certificazioni, alternanze e competenze, funzionali alle richieste di Confindustria e del mondo economico e finanziario, si è registrata una secca perdita di reazione profonda da parte dei ragazzi agli eventi e agli accadimenti del mondo. Che invece dovrebbe caratterizzare ogni individuo sveglio e sensibile.
Per riprendere concetti gramsciani, la scuola-azienda ha steso un vero e proprio morfinismo letargico e non solo gli studenti non reagiscono più con consapevolezza critica ai fatti del mondo, ma si sono anche nettamente indeboliti la difesa e listinto di sopravvivenza rispetto ad un mondo economico sempre più feroce e concorrenziale.
Nelle scuole pubbliche si è drasticamente ridimensionato il senso cooperativo dello stare in classe.
E si è anche distrutto linsieme delle conoscenze gratuite e disinteressate, e quindi belle. Tutto questo per far posto ad una vera e propria danza orgiastica di progetti, discutibili alternanze scuola lavoro, ossessione di certificazioni subito spendibili. Insomma tutti elementi che addormentano e pongono in uno stato di vera e propria letargia la sorveglianza critica sul mondo storico e sul mondo circostante, rendendo di fatto impossibile la reazione profonda agli eventi del mondo cui si riferiva Nicola Badaloni.
Parzialmente distrutta una padronanza storica e critica complessiva, tutto finisce per scivolare in forme spettrali di rappresentazione del mondo e si smarriscono anche le tracce di possibili memorie condivise. Ora il mondo storico sempre più complesso e drammaticamente competitivo richiederebbe invece un robusto e articolato sapere umanistico e scientifico ed anche un recupero di dimensioni contemplative per arginare la nevrosi e la fretta imposte dal ritmo incalzante del modello aziendale. Sorgono, come ho potuto osservare nel mio lavoro quotidiano di docente, individui, pure svegli e intelligenti, che psichicamente non reggono il parossismo della continua richiesta di prestazioni, funzionali e strumentali, finendo per essere travolti da cedimenti nevrotici, attacchi di panico, paure incomprensibili dellerrore. Insomma timore di essere emarginati in una condizione di disadattamento. Il progettificio non cura la singolarità, non esalta le differenze e spinge lacceleratore su disciplinamenti e uniformità coatte. Se questo perverso processo non si arresta avremo nei prossimi anni un esercito di iloti storditi e precari, al servizio di imperativi economici e la conseguente impossibilità di formare individualità critiche e mature.
Non si tratta di riproporre il vecchio modello di scuola, ma semplicemente di evitare il dominio in campo formativo dei ritmi utilitaristici dei modelli aziendali. Insomma nel campo formativo non deve prendere il sopravvento una ragione esclusivamente funzionale. Nonostante la difficoltà del momento storico, ritengo ancora possibile invertire la rotta, ridisegnando la configurazione dei saperi, che devono comunque riacquistare un carattere gratuito e disinteressato. Certamente con un sapere critico diffuso difendiamo meglio i ragazzi e le ragazze dal mondo grande e terribile in cui ci troviamo a vivere”.

Luigi Vavala

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