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Povertà andriese e migranti – D. Geremia: “La povertà dilaga anche tra i liberi professionisti”

9 Gennaio, 2019 | scritto da Nicola Liso

“No per le 49 persone a bordo delle due navi delle ong al largo delle coste maltesi.
Si per le 165 persone, sbarcate in Italia dal 22 dicembre al 30 dicembre, scorso.
Il rifiuto dei migranti, dello straniero, del prossimo sono la negazione del nostro essere cristiani, persone civili e della realtà fondamentale della fraternità umana.”

Con queste parole d.Geremia Acri, Direttore Ufficio Migrantes e Casa Accoglienza Diocesi di Andria, apre la sua video intervista esclusiva per batmagazine.

Con Don Geremia abbiamo parlato di come la diocesi di Andria ha previsto di affrontare l’emergenza freddo di questi giorni, scoprendo così che la povertà andriese passa dagli anziani fino ai liberi professionisti come geometri o ragionieri, che da un giorno all’altro vedo azzerarsi completamente la propria mole di lavoro.

Inevitabile infine il confronto con quanto accade a livello nazionale e mondiale dovel’inclinazione crescente e sempre più in aumento “a non accogliere” “a non fra attraccare” “ad uccidere” e “a diffidare”, mina e insidia le radici profonde e i pilastri dell’umanesimo” dichiara don Geremia nel comunicato che di seguito pubblichiamo integralmente:

“La questione del rapporto tra Chiesa cattolica e gestione del fenomeno migrazione da parte della politica italiana sta diventando sempre più conflittuale.

Ben vengano le posizioni dei vescovi: Bagnasco, Forte, Mogavero, Bassetti, Paglia, ecc… e dello stesso Papa Francesco che sottolineano il dovere morale di accogliere i migranti, persone, e di esercitare coscienza contro un decreto sicurezza cieco e volto a creare disordini e confusione per il proprio consenso elettorale, anzi apripista per le prossime consultazioni in modo da poter aver un argomento di propaganda.

La posta in gioco da parte della Chiesa Italiana di alzare la voce davanti a 49 migranti, lasciati in mare da due settimane, é la stessa credibilità della Chiesa Italiana nell’annuncio del Vangelo come Parola di Vita.

La comunità cristiana in questo momento più che mai deve poter dare conto della propria “fede” e impegnarsi nella “lotta” per il bene dell’umanità su quel terreno spinoso della violenza, del razzismo, della mafia, della corruzione..

Il concetto di difesa della vita va ampliato, non si può parlare solo di aborto ed eutanasia, quando tantissime persone sono sopraffatte nella dignità da parte di una politica senza futuro e senza ragione. Qui siamo davanti a qualcosa, che chiama in causa tutta la comunità italiana ecclesiale e laica, per difenderci da questo imbarbarimento culturale e sociale per riscoprire ancora una volta il volto pulito di un Italia, culla di civiltà e democrazia.

Semplice come una colomba e forte come un’aquila, il Papa è tornato ancora una volta a parlare di accoglienza dello straniero e lo fa con toni ancora più scuotenti del suo solito stile che, comunque, sta segnando il passo su un tema tanto delicato quanto urgente, ovvero la condizione di estrema vulnerabilità di milioni di persone in fuga dal proprio Paese.

“Essere cristiano e cacciare via un affamato, un rifugiato, è da ipocriti…Tutti i giorni, nei giornali e nei telegiornali, si sente parlare di chi vuole difendere il Cristianesimo in Occidente e va contro i rifugiati e le altre religioni: questa è una malattia, anzi un peccato”. (Papa Francesco messaggio per Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato del 2017).”

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