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Festival di Sanremo: intervista al direttore d’orchestra Roberto Crescini

16 Febbraio, 2019 | scritto da Angela Ciciriello
Festival di Sanremo: intervista al direttore d’orchestra Roberto Crescini
Attualità
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Si è concluso lo scorso sabato 9 febbraio, il festival della canzone italiana, il Festival di Sanremo, il più seguito e amato dagli italiani, che dal 1951 si tiene nella città ligure da cui prende il nome.
Tra lodi, applausi, ma anche fischi e polemiche, la 69° edizione del festival canoro ha comunque prodotto tre vincitori che, nel bene o nel male, rappresentano la canzone italiana dei nostri tempi.
A tal proposito ho voluto intervistare chi di musica se ne intende, o meglio il Direttore d’orchestra, compositore, cantante, pianista e arrangiatore, M° Roberto Crescini, che nel campo della musica pop ha collaborato con Bruno Santori, più volte direttore musicale di Sanremo, e Peppe Vessicchio.

A lui ho posto alcune domande su questa ultima edizione:
A Sanremo c’è la migliore musica italiana?
“No, c’è quella che per Baglioni crea il mix migliore per questa maratona tv. Il cui scopo è intrattenere il maggior numero di persone il più a lungo possibile, e vendere tutti gli spazi pubblicitari al miglior prezzo. Al centro non c’è la musica, ma il personaggio e l’immagine. Uno spettacolo nazional-popolare ma con velleità artistiche.

Cosa vuole dire?
Nel senso che vuole andare incontro ai gusti della maggior parte della popolazione italiana, ma contemporaneamente darsi un tono di arte musicale di spessore che così invece non è poiché manca lo spessore artistico. La canzone dev’essere comunicativa e trasparente, cosa che nelle canzoni ho riscontrato, mentre la musica d’arte, come per le opere pittoriche, ha bisogno di riflessione e di più livelli di lettura, motivo per cui la presentazione di un festival di alto livello non è riconducibile invece a questo spessore musicale.

Quindi secondo lei le canzoni di Sanremo come sono state, trasparenti o più complesse?
“Si sta andando su una iper-semplificazione, per cui il ritornello è ridotto ad una singola parola ripetuta ossessivamente, “Soldi, soldi, soldi” oppure “Rolls Royce, Rolls Royce”.
Eppure c’è una giuria di qualità che entra nel merito del livello artistico, lei cosa ne pensa delle valutazioni espresse?
“Sulla composizione della giuria, è colpa anche dei musicisti che non si ribellano. Mi dite quando, in una giuria di premio letterario o cinematografico ad esempio, sono stati invitati dei cantanti? Invece è normale che tutti possano giudicare dei cantanti professionisti (che fanno quello di lavoro)”.

Lei come lo concepirebbe?
“Per quanto riguarda la forma abolirei la rigida separazione tra i numeri chiusi del varietà, lo rivoluzionerei concependolo come uno spettacolo senza interruzioni o quasi. In cui le canzoni siano scritte su commissione, fuori dal teatro Ariston, in spazi più funzionali ad ospitare spettacoli più moderni. Basterebbero due serate per due spettacoli diversi. Questo sarebbe creativo davvero.
La musica rassicura che tutto è come prima e nulla è cambiato. E’ triste assistere ai numeri chiusi, pensiamo a ciò che fece Wagner rispetto al teatro musicale precedente. Per quanto riguarda i contenuti si celebra l’amore, la mancanza dell’amore, è un festival “baglionizzato” in cui al centro c’è “la vita é adesso”, invece dovrebbe essere più internazionale e aprirsi a movimenti come “Me too”, “Gilet gialli”, a tematiche ambientali, al mondo della disabilità, essere una finestra sul mondo e non guardare solo all’orticello italiano”.

Ma lei quindi come valorizzerebbe gli artisti italiani?
“Ci sono tanti cantanti italiani che sono chiamati nei migliori teatri del mondo, così come tanti direttori d’orchestra, che però in Italia non sono valorizzati e andrebbero considerati”.

Riconfermerebbe Baglioni alla guida del Festival?
“Tutti vogliono mettere le mani su Sanremo. E già tanto che sia stato scelto Baglioni e non un personaggio televisivo come Bonolis, Conti, Clerici, Ventura, Carrà, ecc.
Per essere innovativo sarebbe auspicabile chiamare un grande artista straniero, ad esempio un regista cinematografico”.

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