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Trani – Il Vescovo mons. D’Ascenzo in visita al Tribunale. Gli auguri di Pasqua

11 Aprile, 2019 | scritto da Redazione
Trani – Il Vescovo mons. D’Ascenzo in visita al Tribunale. Gli auguri di Pasqua
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Distinti Signor Presidente del Tribunale Dott. Antonio De Luce, Signor Procuratore della Repubblica Dott. Antonino Di Maio, Presidente del Consiglio dell’Ordine Avv. Tullio Bertolino, Dirigente Amministrativo Dott. Giulio Bruno, Magistrati, Avvocati, operatori della giustizia, giunga a tutti il mio saluto e il mio ringraziamento per l’invito rivoltomi dal Signor Presidente e dal Signor Procuratore a trascorrere una giornata con voi in vista della luce della Pasqua del Signore.
“Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32).
Queste parole si trovano nel contesto della tensione che vivono i giudei, i quali devono decidere tra l’osservanza della legge da una parte e l’adesione a Gesù dall’altra. Più precisamente, tra un’osservanza materiale, fredda e subita della legge che rende schiavi, e la comprensione del suo senso pieno, nello Spirito, l’adesione al suo compimento che è appunto la persona di Gesù!
Desidero porgere a tutti voi, alle vostre famiglie, ai vostri cari, gli auguri di Pasqua. Il Vangelo di Gesù, Verità che ci fa liberi, sia portatore di gioia; il dono della sua vita sulla croce sia per tutti dono da accogliere per essere con lui partecipi della risurrezione.
Possa questa Pasqua essere passaggio dalle tante situazioni di morte, di non vita, presenti nella nostra esperienza personale, familiare o comunitaria, ad una vita rinnovata che sempre può risorgere e tornare ad essere bella, degna di essere vissuta.
Desidero allargare questo augurio, con un riferimento al tema della giustizia e della verità, con le parole che Papa Francesco ha rivolto ai magistrati italiani in un suo recente discorso: “La tradizione filosofica presenta la giustizia come una virtù cardinale, e la virtù cardinale per eccellenza, perché alla sua realizzazione concorrono anche le altre: la prudenza, che aiuta ad applicare i principi generali di giustizia alle situazioni specifiche; la fortezza e la temperanza, che ne perfezionano il conseguimento. …Senza giustizia tutta la vita sociale rimane inceppata, come una porta che non può più aprirsi, o finisce per stridere e cigolare in un movimento farraginoso. …A voi, magistrati, la giustizia è affidata in modo del tutto speciale, perché non solo la pratichiate con alacrità, ma anche la promuoviate senza stancarvi; non è infatti un ordine già realizzato da conservare, ma un traguardo verso il quale tendere ogni giorno…In un contesto sociale nel quale sempre di più si percepisce come normale, senza alcuno scandalo, la ricerca dell’interesse individuale anche a scapito di quello collettivo, siete chiamati ad offrire un segno della dedizione disinteressata…siete ben più che funzionari, ma modelli di fronte a tutta la cittadinanza e in particolare nei confronti dei più giovani” (Il Pontefice ai magistrati italiani, 9 febbraio 2019).
Ho compreso che il vostro servizio domanda evidentemente la capacità professionale di applicare la legge alle varie situazioni di vita delle persone, ma anche la convinzione che è necessario porsi dalla parte delle persone con dedizione disinteressata e testimonianza di vita giusta.
Il vostro prezioso compito di discernimento e di giudizio è fondato sul rispetto della dignità di ogni persona. Questa dignità domanda che il vostro sia sempre uno sguardo di bontà, perché, come ci insegna la Bibbia, «La misericordia ha sempre la meglio nel giudizio» (Lettera di Giacomo 2,13). Infatti, uno sguardo attento alla persona e alle sue esigenze riesce a cogliere la verità in modo ancora più autentico.
E’ proprio in questa direzione che il discorso del Santo Padre fa anche riferimento all’importanza dei tempi e dei modi in cui la giustizia viene amministrata perché, questi, toccano la carne viva delle persone, soprattutto di quelle più indigenti, lasciando in essa segni di sollievo e consolazione, oppure ferite di oblio e di discriminazione.
Permettermi ancora un riferimento alla Sacra Scrittura, questa volta al Vangelo di San Giovanni: “Io sono la via, la verità, la vita” (Gv 14,6). Così si presenta Gesù: la via da percorrere per raggiungere, o più precisamente essere raggiunti dalla verità.
L’incontro con la verità, secondo le sue parole porta alla vita, dona vita, è vita.
Per una persona di fede la verità è Dio, per questo la tradizione cristiana parla di Dio come Ipsa Veritas. Gesù è la via che ci svela, ci fa conoscere il vero volto di Dio che ci dona la vita. Nella lingua greca, Alétheia (άλήθεια), “Verità”, indica proprio la negazione del nascondimento e Gesù possiamo considerarlo come colui che nega il nascondimento, cioè rivela Dio, la Verità.
Facendo nostro l’insegnamento dei brevi testi appena citati del Vangelo di Giovanni e applicandoli a questo incontro, potremmo affermare che la ricerca della verità, nella misura in cui ci porta a trovarla, è un servizio alla vita e alla libertà della persona, anche nel caso in cui dovesse ricevere una condanna, una pena. In altre parole, cercare la verità è servire la libertà di tutti, giusti o colpevoli che siano.
La libertà, naturalmente, come ha detto Papa Francesco in un suo intervento del 2016, riguarda anche i Giudici e i Magistrati nella realizzazione di quella che possiamo considerare la loro vocazione, il loro ufficio: “Farsi carico della propria vocazione significa anche sentirsi e proclamarsi liberi. Giudici e Pubblici Ministeri liberi: da che cosa? Dalle pressioni dei governi; liberi dalle istituzioni private e, naturalmente, liberi dalle “strutture di peccato” di cui parlava il mio predecessore San Giovanni Paolo II, in particolare liberi da quella “struttura di peccato” che è la criminalità organizzata. Io so che voi siete sottoposti a pressioni, sottoposti a minacce in tutto questo; e so che oggi essere Giudici, essere Pubblici Ministeri significa rischiare la pelle, e questo merita un riconoscimento al coraggio di quelli che vogliono continuare ad essere liberi nell’esercizio della loro funzione giuridica. Senza questa libertà, il potere giudiziario di una nazione si corrompe e genera corruzione.
Chiedo ai giudici di realizzare la propria vocazione e la propria missione essenziale: stabilire la giustizia, senza la quale non vi è ordine, né sviluppo sostenibile e integrale, né tantomeno pace sociale. Senza dubbio, uno dei più grandi mali sociali del mondo odierno è la corruzione a tutti i livelli, la quale indebolisce qualunque governo, indebolisce la democrazia partecipativa e l’attività giudiziaria. A voi, Giudici, spetta il dovere di fare giustizia” (Intervento del Santo Padre Francesco al vertice di Giudici e Magistrati contro il traffico delle persone umane e il crimine organizzato. Vaticano 3-4 giugno 2016).
Vorrei concludere il mio saluto facendo riferimento al fatto che le beatitudini evangeliche (Matteo 5,3ss) sono attraversate dal tema della giustizia: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, beati quelli che soffrono per la giustizia, beati quelli che piangono, beati i miti, beati gli operatori di pace”. Se permettete, vorrei applicare queste parole a tutti voi, impegnati nel praticare e nel promuovere la giustizia, augurandovi quello che promettono, la ricompensa più grande: “possederete la terra, sarete chiamati e sarete figli di Dio, vedrete Dio, e gioirete eternamente con il Padre celeste.
Auguro di cuore che, attraverso il vostro lavoro, il vostro servizio alla persona in ordine alla verità e alla giustizia, possiate far parte, fin da oggi, della schiera che Gesù chiama Beati!

Buona Pasqua!

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