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Andria – Il sospetto: Alcuni Bar lavorano “sottobanco”

14 Marzo, 2020 | scritto da Nicola Liso
Andria – Il sospetto: Alcuni Bar lavorano “sottobanco”
Andria
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Aleggia in queste ore, nei vari gruppi social, un sospetto… per alcuni una certezza: alcuni bar andriesi, continuano a servire caffè e alcolici a porte chiuse, ad un ristretto gruppo di clienti.

Da alcuni audio e video goliardici infatti, alcuni cittadini parlano di veri e propri “festini” realizzati all’interno di bar di cui tra l’altro si fa anche nome e cognome.

Noi in realtà non sappiamo quanto di vero ci sia in tutto ciò, ma quanto appena detto sta creando sdegno in tutti i cittadini e imprenditori andriesi, che con spirito civico hanno interrotto ogni attività e stanno affrontando nelle loro case gli attuali emendamenti.

Noi vogliamo completamente astenerci dal giudicare questi imprenditori, poichè sappiamo benissimo quale enorme sforzo economico debbano affrontare in questi giorni e che senza gli incassi quotidiani, per loro in breve tempo diventerà complicato anche fare la spesa.

Vogliamo ricordare loro però, che chi non si attiene ai divieti contenuti nel nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri, rischia pesanti multe e sanzioni.

ECCO QUALI:

Art. 452 codice penale. Chiunque cagiona un’epidemia con la diffusione di germi patogeni, sarà punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 650 codice penale. Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro duecentosei.

Art. 582 codice penale. Chiunque cagiona (contagiando volontariamente con il virus) ad alcuno una lesione personale [art 583 c.p.] dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni se la malattia ha una durata non superiore ai 20 gg. La reclusione sarà, invece, secondo il richiamato art. 583 c.p., da tre a sette anni, se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni.

 

 

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