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Marchi sotto accusa – Greenpeace Italia: “Sostanze tossiche utilizzate in prodotti per lo sport”

26 Gennaio, 2016 | scritto da Chiara Rutigliano
Marchi sotto accusa – Greenpeace Italia: “Sostanze tossiche utilizzate in prodotti per lo sport”
Attualità
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Abiti, scarpe, tende, zaini, corde e perfino sacchi a pelo dei principali prodotti per gli sport all’aperto di celebri marche contengono sostanze altamente tossiche. È quanto emerge da una serie di analisi realizzate da Greenpeace nel quadro della campagna denominata “Tracce nascoste nell’outdoor” presentate el corso dell’ISPO Monaco (la maggiore fiera del settore outdoor in Europa).

I risultati mostrano elevate concentrazioni di acido perfluoroottanoico (PFOA), un composto perfluorurato (PFC) a catena lunga collegato a numerose patologie e malattie gravi come il cancro. The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia i marchi messi sotto accusa perché continuano a usare PFC per impermeabilizzare i loro prodotti nonostante “si dichiarino a parole sostenibili e amanti della natura”.

Greenpeace ha analizzato 40 prodotti, votati nei mesi scorsi dagli appassionati di tutto il mondo sul sito web dedicato, trovandovi PFC in elevate concentrazioni nel 90% dei casi. Solo in 4 prodotti (10%) non sono stati rilevati PFC, “dimostrazione del fatto che solo poche aziende si stanno muovendo nella direzione giusta”.

“Questa sostanza – afferma Giuseppe Ungherese, campagna inquinamento di Greenpeace Italia – è già sottoposta a severe limitazioni in Norvegia. I PFC sono composti chimici che non esistono in natura. Una volta rilasciati nell’ambiente si degradano molto lentamente ed entrano nella catena alimentare, causando una contaminazione pressoché irreversibile. Sono stati trovati perfino nelle aree più remote del pianeta, in animali come delfini e orsi polari e nel sangue umano”.

E concludono: “Negli ultimi anni molti marchi dell’outdoor hanno abbandonato i PFC a catena lunga a favore di quelli a catena corta, sostenendo che fossero un’alternativa meno dannosa. Alcune sostanze presenti nei vestiti non solo inquinano i fiumi dei paesi di produzione ma hanno effetti sull’attività ormonale di chi li indossa o sono addirittura cancerogeni”.

Di Giovanni D’Agata

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