Viva il mercato, abbasso il mercato.
Tra questi due opposti si muove il pensiero di Franco Debenedetti, manager di industrie private,
come quelle di famiglia, la Gilardini, e poi della Olivetti, e ancora di Telecom, senatore per 3 legislature,
insomma un pezzo importante della classe dirigente di questo Paese che nel suo libro
“Scegliere i vincitori, salvare i perdenti” presentato sabato sera a Bisceglie, nel corso della rassegna “Libri nel borgo antico”, ha sostenuto che la politica industriale in Italia, negli ultimi 100 anni, è stata troppo invasiva.
“Dai casi dell’IRI nato nel 1933 fino alle Partecipazioni Statali e poi alle finte privatizzazioni, la politica industriale in Italia è stata – ha detto Debenedetti intervistato da Vincenzo Rutigliano, corrispondente per la Puglia de Il Sole 24Ore – un esempio di insana idea, quella di uno Stato che vuole entrare in tutti i processi economici e guidarli.”
Di qui il suo pensiero critico verso quella che ha definito una serie di errori consumati ai danni della libera iniziativa economica e della sua forza autoregolatrice.
Perchè Debenedetti questo pensa: lo Stato deve assicurare – come scriveva l’economista Adamo Smith – pace sociale, una tassazione fiscale sopportabile ed una giustizia equilibrata. Non di più, non di meno.
Chiara Rutigliano
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