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Bisceglie – Parco lama Santa Croce: il documento di 19 architetti locali

3 Aprile, 2018 | scritto da Redazione
Bisceglie – Parco lama Santa Croce: il documento di 19 architetti locali
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Sono 19 gli architetti di Bisceglie che, a seguito di esplicito invito, da parte del sindaco avv. Vittorio Fata, in occasione del primo forum sull’istituendo, hanno redatto il seguente documento affinché si contribuisca attivamente alla sua pianificazione con idee, suggerimenti, considerazioni e opinioni.
PREMESSE

1. Il progetto di un parco naturalistico coinvolge professionalità particolarmente esperte di bio ed eco sistemi, pensiamo a biologi, etologi, botanici, geologi, con i quali noi architetti abbiamo bisogno di collaborare affinché le esigenze da loro poste diventino la nostra sintesi progettuale. Mancando queste informazioni specialistiche, seppur esistano degli orientamenti definiti nel PPTR regionale e nel DPP del redigendo PUG, noi architetti dobbiamo preavvisare della genericità, intenzionale, delle proposte che andremo a fare le quali necessiteranno di una verifica sul campo e un confronto con i naturalisti per verificarne il grado di invasività sui biosistemi.
2. Per quanto riguarda le tematiche emerse nel corso del dibattito del primo forum, concentratesi principalmente sulla semplicistica contrapposizione di “Parco SI”, “Parco NO”, noi architetti ci tiriamo fuori dalla discussione. Non ci compete. Ci può coinvolgere come cittadini e quindi fuori da questo testo. Decidere se sia opportuno o meno istituire un parco naturalistico nel nostro territorio, con i suoi vincoli e le sue prospettive per i detentori di diritti reali, attiene al democratico dibattito fra cittadini, forze politiche, forze sociali ed operatori economici.
3. Noi architetti, da tempo, auspichiamo che a monte di ogni decisione urbanistica vi sia sempre un approfondito studio di impatto economico (che ad oggi manca), fatto da economisti seri, possibilmente locali, su costi e benefici di quella previsione urbanistica per la comunità, nel suo insieme e nelle sue singole componenti. Ci limitiamo, in questa sede, solo a far rilevare che: nella istituzione di un parco naturalistico molti ritorni sono in moneta di “valori sociali” e quindi non contabilizzabili con la misura degli euro.
4. Noi architetti sentiamo la necessità di sottolineare e ricordare che nell’area in questione giace, sottostimato, un patrimonio di valori ambientali, estetici, storici, culturali e paesaggistici che necessitano azioni rapide di conservazione, evidenziazione e messa a profitto. Questi valori sono stati inequivocabilmente riconosciuti da 50 anni di storia di pianificazione urbanistica della nostra città ma, purtroppo, dopo il condiviso riconoscimento, poco si è mosso. A distanza di mezzo secolo siamo ancora fermi ai buoni propositi, proprio quelli che lastricano le vie dell’inferno.
5. La particolarità della lama Santa Croce consiste nella compresenza di valori naturalistici e ambientali accanto a emergenze storiche, architettoniche e archeologiche. Per essere d’aiuto alla messa in moto “di azioni” che generino attrazione verso una parte di territorio scelleratamente dimenticata: lo spazio che, in questa fase preliminare, ci vogliamo riservare, consisterà nell’avanzare qualche suggerimento su come incentivare la scoperta e la fruizione di questa eredità di bellezza. Ci soffermeremo quindi sul “cosa fare”, riservandoci di esprimerci tecnicamente sul “come fare” in una fase più avanzata del percorso istitutivo e progettuale.

PRINCIPI DI ORDINE GENERALE

A. Perché un piano, un progetto, un’idea abbiano una ragion d’essere è necessario che riescano a esser compresi e condivisi da una comunità coinvolgendola, convincendola, attivandola, mettendola culturalmente e operativamente in azione. Questo vale soprattutto per un parco naturalistico. Paradossalmente il parco ha più bisogno degli uomini che della natura. La perimetrazione, la decretazione normativa, l’esecuzione di opere ed interventi sono condizioni, certo necessarie, ma per nulla sufficienti a perseguire le finalità “politiche” di un parco che consistono nel “sensibilizzare le coscienze al comprendere il valore dell’ambiente naturale – rurale – storico – geologico e spingerle all’azione”. Per far questo l’urbanistica e l’architettura da sole non bastano. Occorre attivare quelli che evangelicamente chiameremmo “uomini di buona volontà” e che oggi possiamo individuare nelle associazioni, nelle onlus, nel volontariato, negli intellettuali, negli operatori di comunicazione, nelle personalità carismatiche, nelle intelligenze più aperte insomma in tutti coloro che “dentro e fuori” il parco collaborino perché le volontà progettuali di architetti e naturalisti diventino quella magica alchimia che sappia trasformare la cultura in economia. Se la cultura non saprà generare attrazione, coinvolgimento, frequentazione e quindi economia, stante l’attuale congiuntura economica, è destinata all’insuccesso.
B. Fermi sui principi di conservazione e sul dovere morale di tramandare ai posteri il patrimonio culturale e naturale che ci è stato donato dalla Storia, riteniamo che la vita di un manufatto o di un luogo non sempre possa essere preservata attraverso l’esclusiva applicazione del conservatorismo filologico delle funzioni originarie. Noi crediamo che questa via, pur degna di attenzione, debba armonizzarsi, attraverso momenti decisionali finalizzati al riuso e valorizzazione, quanto più improntate alle esigenze di tutela e fruizione del bene, contemplando metodologie di trasformazione quanto più reversibili, ma che non ne pregiudichino in toto l’inesorabile scomparsa. Occorre aprire le menti e vincere i pregiudizi, convinti come siamo che l’utilizzabilità’ e il riuso di un bene generano quei meccanismi virtuosi per cui gruppi o comunità di uomini se ne prendano cura manutenendoli e proteggendoli.
SUGGERIMENTI
Caratterizzazione del Parco
Riteniamo che le testimonianze archeologiche e storiche presenti nella lama Santa Croce, ci riferiamo ai trulli, ai casali , alle torri di avvistamento normanne alle grotte e soprattutto ai dolmen la caratterizzino come un’area a vocazione archeologica e storica. Notevole è la tradizione di archeologi che hanno dato lustro alla nostra città (Majellaro, Prelorenzo) e ancora oggi lo danno (Palmiotti, Logoluso, l’Archeoclub). Avendo queste basi perché non osare? Perché non provare a specializzarci come città meridionale polarizzatrice di studi preistorici in nome di quel Dolmen La Chianca conosciuto in tutto il mondo? Perché non proviamo a trasformare Bisceglie in quello che è’ Erice per la Fisica: un luogo di incontro per gli archeologi, un luogo densamente dotato di attrattive testimonianze archeologiche, capaci di muovere la comunità degli studiosi di preistoria per promuovere in città e in provincia studi, incontri e scavi. Per far questo occorre rendersi attrattivi nei confronti degli studiosi. Le potenzialità per offrir loro opportunità di studi le abbiamo tutte, basta offrir loro occasioni e spazi di ospitalità. E allora perché non provare a immaginare che le torri di Gavetino e Sagina, con gli annessi locali postumi, vengano acquisite dalla proprietà comunale, restaurate e riadattate per divenire foresterie, luoghi di recettività confortevole per archeologi di tutta Italia e del mondo che, periodicamente, vengano ad operare o ad incontrarsi in Puglia? Con l’aiuto dell’Archeoclub e dei responsabili del nostro sistema museale si potrebbero attivare, con continuità e periodicità, seminari, corsi, convegni congressi, campagne di scavi. Se riuscissimo ad attivare un movimento di tal fatta, sarebbero gli stessi archeologi a farci da tutori e comunicatori della bellezza del nostro territorio e della nostra storia. Sarebbero loro i custodi guardinghi dei nostri trascurati monumenti megalitici.

Parco e turismo
Accanto al puntare in alto guardiamo anche in basso, al turista in visita e preoccupiamoci che il futuro parco sia attrezzato, accessibile, identificabile, ben comunicato, servito, attraente. Agiamo allora sul perimetro dell’area prescelta e valutiamo le opportunità esistenti per creare: servizi igienici, luoghi di accoglienza e di ingresso, parcheggi custoditi in aree distati (le cave dismesse?) che servano il parco con bus navette, piccola ristorazione veloce, sede di servizio guida, nolo bici. La Masseria Cimadomo , per localizzazione, ha queste potenzialità . La masseria ha la possibilità di sopravvivere commercialmente anche fuori stagione, fornendo servizio bar e piccolo ristoro agli utenti automobilistici che percorrono la Bisceglie Corato Ruvo.
Occorrerà studiare un percorso pedonale, visibile, pubblicizzato, attraente, originale, attrezzato, evocativo, educativo che colleghi la stazione di servizio dell’autostrada A 14 con la struttura base di servizi al parco e con il Dolmen La Chianca. La passeggiata al Dolmen, per i turisti autostradali, dovrà diventare una tappa di rifermento, un necessario rifocillamento culturale in una trasferta turistica.
Va definita la mobilità dell’area parco prevedendo un percorso ciclo-pedonale sterrato, ad anello, lungo tutto il suo perimetro con snodi che ne consentano l’accesso e l’attraversamento con percorsi pedonali e/o ciclabili.
Va ridisegnata (caratterizzandola) e ristudiata tutta la segnaletica automobilistica, ciclistica e pedonale verso il parco e interna al parco.

Parco e cittadinanza
Occorrerà immaginare il parco come necessario servizio non solo al turista, ma alla cittadinanza biscegliese, un luogo pedagogico, riflessivo e di relax che faccia riscoprire all’uomo urbano la bellezza della condizione di natura. Bisognerà sforzarsi di generare (soprattutto nei primi periodi) fenomeni di frequentazione della zona della lama di Santa Croce, quanto meno nei fine settimana, in modo da creare in quell’area un primo seme di costante presenza foriero di processi di emulazione, aumento progressivo delle presenze, attrattiva commerciale, economia.
“Andiamo a fare una passeggiata a santa Croce”, è una frase che si dovrà sempre più sentir dire in città.
Bisognerà perciò pensare ad una zona, a margine della Lama Santa Croce, che abbia una sua indipendenza funzionale rispetto al parco. Un luogo in cui si possa dare “strada” ai bisogni ludici, sportivi e salutistici che da qualche anno si stanno affermando in città (camminare, correre, fare esercizi ginnici, andare in bici) o anche per una semplice passeggiata con i familiari. Un luogo in cui il fruitore, senza inoltrarsi nel parco, possa godere della più apprezzabile esperienza di quella parte di territorio: l’incontaminazione e la freschezza dell’aria, associata ad una vista panoramica su un paesaggio rupestre ammorbidito dall’ organica presenza di terrazzamenti con muretti a secco. Identifichiamo un luogo con queste caratteristiche nell’ex tratto di strada provinciale Bisceglie Ruvo Corato che parte dall’ ingresso delle Grotte di Santa Croce e termina a Masseria Cimadomo. Questa strada andrà arricchita con un’ illuminazione d’atmosfera e di design, e quindi attrezzata con luoghi di sosta affinché, anche di sera, possa prestarsi ad essere una romantica promenade per innamorati.

Parco e Agricoltura
L’istituzione del parco e le relative prescrizioni normative, non dovranno essere uno spauracchio per i coltivatori diretti dei suoli rientranti nella perimetrazione, né penalizzanti per costoro. Piuttosto il contrario. I paesaggi rurali, e le risorse agroalimentari che ne derivano, sono da considerarsi patrimonio storico-culturale del nostro territorio oltre che vitali risorse economiche. Una delle finalità costitutive della istituzione del parco dovrà proprio essere la riattivazione o la conservazione delle “normali pratiche colturali” e lo stimolo alla “gestione agricola dei suoli”. Questo obiettivo potrà attuarsi con più facilità se si riuscirà a garantire agli agricoltori del parco un plusvalore sul prezzo di vendita dei loro prodotti suscitando, nel consumatore, l’associazione mentale identificante le immagini di prodotto agricolo e parco. E’ questa un’associazione che genera il seguente virtuoso percorso subliminale: cultura agraria secolare – salubrità – tipicità – alta qualità – prezzo più alto giustificato- mi premio con l’acquisto. L’ente gestore del parco dovrà lavorare molto in questo senso: istituendo una marchiatura dei prodotti agricoli del parco, favorendo le pratiche di bioagricoltura, favorendo forme dirette di vendita del prodotto agricolo quali la vendita in loco del prodotto o la vendita del frutto al ramo. Ma anche la valorizzazione del paesaggio è una condizione fondamentale perché si generi quel riconoscimento di qualità ad un prodotto agricolo. Un frutto o una verdura non è solo un insieme di sostanze nutritive ma è anche sapore, gusto. Nel gusto si manifesta il profumo della terra in cui quel frutto è stato coltivato, la maestria di chi quel frutto l’ha coltivato e tutti i colori dell’ambiente rurale in cui quel frutto ha avuto la possibilità di crescere e caratterizzarsi di fragranza. Allora la valorizzazione del paesaggio agrario, dei muretti a secco, dei terrazzamenti, delle architetture minori in pietra a secco e/o tufo, le specchie, i trulli, le lame, i pozzi, le piscine e i sistemi storici di raccolta di acque piovane, la vegetazione spontanea , quella organizzata in filari, gli ulivi secolari: tutto questo, non migliora solo l’ambiente ma migliora il sapore di frutta e verdura, le rende più buone, più desiderabili, più costose.

Parco ed arte
In questo suggerimento manifestiamo la nostra natura di architetti e la nostra naturale tendenza al superamento dei “luoghi comuni del consueto”, spingendo la mente verso proposte innovative che di primo acchito spingeranno a un rigetto, salvo verificare che il rigetto non sia un limite di immaginazione di chi legge.
Dopo anni di esperienze professionali, di studi, di conoscenze, di scambi di opinioni con intellettuali che operano in altri campi, non ultimo un incontro col prof. Piero Di Terlizzi responsabile comunale alla cultura, sentiamo di dire che oggi , ma diremmo da sempre, l’esperienza artistica è un importante viatico per rendere polarizzante un luogo. Gli esempi sarebbero migliaia.
Ma come può l’arte contribuire al perseguimento degli obiettivo di un parco naturalistico che, nel suo dna, si propone la finalità di suscitare una coscienza “scientifico-naturalistica”? Secondo noi il metodo è quello che fu caro a Lucrezio: “Cospargere di zucchero l’orlo del bicchiere da cui bere l’amara medicina”. L’opportunità di vivere un’esperienza artistica, spesso straniante come accade nell’arte contemporanea, può spingere uomini a raggiungere un luogo per vivere quell’esperienza, accorgersi finalmente della bellezza ignota di quel luogo, comprenderla e raccontarla ad altri.
E’ questo il meccanismo elementare che noi chiamiamo “valorizzazione”.
Ma cosa si può fare di artistico in un parco naturale senza impattare con invasiva incidenza sull’ ambiente?
Nel nostro futuro (?) parco vi sono presenze invasive e deturpanti di ponti in cemento armato di attraversamenti viari. Agire su queste presenze antiestetiche può darsi che non migliori l’ambiente ma di certo non lo peggiorerà. Cosa si può pensare di fare per trasformare attivamente queste strutture? Di tutto: dal farle divenire strutture di supporto al verde verticale, all’ attrezzarle con arnie per api o nidi artificiali per uccelli. Dall’ organizzarvi intorno a campi avventura con percorsi vertiginosi di salita e attraversamento fino al più artificioso trasformarle in strutture di supporto per land-art , installazioni aeree, figurazioni colorate visibili a distanza, supporti per foto gigantesche su teli traforati, provocazioni pop.
Il parco potrà, prestarsi a consentire un vissuto di esperienze estetiche artistiche, e quindi non naturali, di fortissimo impatto e richiamo perché messe in scena proprio là dove non ce lo si aspetta. Anche l’antro delle grotte di Santa Croce si presterebbe ad esibizioni artistiche: prosa, teatro, musica, poesia (si pensi alle già vissute esperienze di poesia al dolmen). L’antro potrebbe diventare, in estate, una sala concerti o teatrale. Si può immaginare che la nostra programmazione teatrale estiva si caratterizzi per luoghi : la cultura più popolare nel Teatro del mare, la cultura classica nel futuro Teatro del bastione, la cultura romantica (con le sue tematiche legate al rapportarsi sentimentalmente alla natura) nel Teatro della grotta.

Parco e partecipazione

Il progetto del parco è un caleidoscopio di cultura accademica, cultura popolare e cultura immateriale. Occorre comprendere che nel bilancio ponderato degli apporti ideativi alla costruzione del sistema Parco, il contributo della “signora Pina” o del contadino “Pasquale” conta quanto quello del più luminare architetto: un parco non è un museo. L’istruzione, i libri, le normative, le Università’ di architettura, le professionalità, sono vitali come il sale, ma non potranno essere mai una chiave di lettura univoca del genere umano. Se non si comprenderà questo passaggio, il contributo di noi architetti sarà evanescente ed il nostro tempo andrà sprecato. Amministratori e architetti dovranno avere l’umiltà’, diremmo meglio, la serietà, di sedersi di fronte la “signora Pina”, che non conosce né la storia dei Dolmen né dell’uomo di Neanderthal e parlare con lei. Scoprirebbero che dietro quel muro di “ignoranza” lei è vicina alla verità, perché destrutturata, priva di orpelli, assente di fronzoli. La sua parola ci metterà in ginocchio perché lei, contrariamente a noi, non ha il pregiudizio. Ha l’anima.

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