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Sgretolare questo provincialismo

3 Maggio, 2020 | scritto da Antonio Leonetti
Sgretolare questo provincialismo
Attualità
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di Antonio Leonetti 

Studiare e lavorare all’estero, fuori casa, significa vivere una realtà completamente diversa da quel tipo di confort a cui noi italiani siamo abituati. Rimanere a casa porta molto spesso ad abituarsi alla routine della società in cui si vive senza vedere alternative.

È calzante il richiamo in questo periodo alle parole che Sergio Marchionne qualche anno fa, prima della sua scomparsa, ha rivolto agli studenti italiani, spesso incitandoli a dare il massimo nel mondo dell’imprenditoria e a costruire business esaltandone creatività e longevità: “siate come i giardinieri: investite le vostre energie in modo che qualsiasi cosa facciate duri una vita intera e anche di più”.

Come possiamo sgretolare questo provincialismo?

Riporto di seguito alcune parole dell’ex Presidente della regione Puglia Nichi Vendola, nel corso della inaugurazione del programma Bollenti Spiriti (2006), conseguente all’assegnazione di borse di studio a giovani laureati per sostenere corsi post-laurea anche fuori Italia: “Ricordate, questo è un biglietto di ritorno”.

Molti di quei giovani sono partiti, una buona parte anche tornati in Puglia. Ma oggi abbiamo bisogno di rendere tangibile ciò che la creatività ha sprigionato durante questo periodo di quarantena.

Ancora le parole di Marchionne – “l’unico modo per sgretolare il provincialismo è dare l’opportunità ai giovani, a persone come voi di andare a lavorare fuori e di tornare a casa”.

È questo di cui oggi abbiamo bisogno, ma i ragazzi che vanno via dalle nostre città riescono poi a ritornare?

L’Italia, purtroppo, è una nazione che vive spesso di richiamami sessantottini in cui si rivendicano i diritti, senza mai rivendicare i doveri (queste parole sono il sunto di alcune analisi pubbliche).

Forse sono ancora tanti i giovani che non sono riusciti a contestualizzare la necessità di un miglioramento della nostra società: le generazioni che sono rimaste e che non hanno avuto l’opportunità di fare esperienza fuori casa, riescono lentamente a vedere e ad approcciarsi al cambiamento socioeconomico, ma dovranno continuamente lottare con quella zona di confort psicosociale in cui vivono.

Anche i giovani che hanno lasciato il nostro territorio ritornano sempre meno, depauperando quella parte di società sulla quale il territorio ha investito con la formazione scolastica, con le Università; in questo caso, i cambiamenti maggiori vengono affidati a quei pochi che vivono il territorio: facendosi carico dei cambiamenti socio economici ed opponendosi alle reticenze degli habitué.

Chiudo questa riflessione con le parole di Sergio Marchionne che racchiude brevemente l’espressione generalizzata dell’Italia attuale – “nel 2004 perdevamo cinque milioni di euro al giorno, ma quando andai in ufficio in Italia ad agosto non c’era nessuno. Così chiedo: ma dove sono tutti? e mi dicono: in ferie. Ma in ferie da cosa? dico io. Nel mondo se ne fregano d’agosto. In Brasile, negli Stati Uniti ad agosto lavorano. E noi? Noi siamo convinti che siamo la Fiat e tutti ci aspettano… A quel tempo perdevamo 5 milioni di euro al giorno, 5 milioni, ed io ero in ufficio da solo…”.

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