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Montegrosso – Stazione-Base per la Murgia Barese

Stagione venatoria, fungaioli, tartufai e appassionati di erbe selvatiche: tutti riuniti nel meraviglioso borgo, con una sosta golosa alla cucina di “Borgo Montegrosso”

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Un gruppo di case coloniche posizionate in bell’ordine su un poggio a 400 metri sul livello del mare. Poco più di 150 abitanti che nelle giornate terse hanno il privilegio di godere la vista dell’Adriatico e i profumi dell’incontaminata steppa murgiana. Qui l’alba è l’alba e il tramonto è il tramonto. La vita scorre lenta, ovattata. A scandirla, il fruscio delle fronde al passare del vento e i gesti semplici e antichi dei contadini.

In autunno, però, la quotidianità è resa più vivace dalla notevole frequentazione di cacciatori, fungaioli, tartufai, appassionati di erbe selvatiche che (muniti delle necessarie autorizzazioni e nel rispetto dell’ambiente!) fanno di questa Borgata una sorta di stazione-base per le loro escursioni.

In questo piccolo agglomerato di case bianche con i tetti rossi chiamato appunto Montegrosso d’Andria, c’è una tipica Cucina di campagna, custode di sapori altrimenti introvabili: la trattoria “Borgo Montegrosso”. A condurla, coadiuvati dalle consorti, Riccardo Liso e Giacomo Sinisi, per gli amici Mimmo. Riccardo scova, per le masserie dell’altopiano, latticini, ricotte, formaggi e salumi, Mimmo, prima di mettersi ai fornelli, gira per i campi a raccogliere erbe spontanee e funghi e asparagi e lampascioni.

E l’Adriatico che azzurrino si staglia all’orizzonte? Anch’esso entra nelle preparazioni della cucina in accostamenti terra/mare, ora tradizionali, ora più arditi. Alle classiche zuppe di legumi con frutti di mare o al pesce povero al forno con olive nere, non è raro trovarsi di fronte ad uno sgombro accostato al fungo cardoncello, oppure alle alici con patate e asparagi selvatici. C’è dell’altro: il crostino di pane di semola abbrustolito con crema di ceci e vongole o i filetti di triglia alle erbe selvatiche.

Il patrimonio della memoria si perpetua, però, nella proposta di piatti che appartengono alla storia più autentica di pastori e agricoltori: le paste tirate sulla spianatoia e condite con il ragù delle carni nostrane o con le verdure di campo e irrorate dall’extravergine d’oliva coratina, i tegami al forno di agnello o di capretto con i funghi, il baccalà fritto con pomodorini d’inverno e olive dolci, la pasticceria di pasta di mandorle.

Un repertorio che annovera ancora tanto altro e che è imperdibile per genuinità di ingredienti e per bontà. Vi è da aggiungere, infine, la gentilezza dell’accoglienza, tipica di un’ospitalità rurale degna di essere definita tale.

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