L’emozione della telecamera, la folla, il dover improvvisare davanti a un pubblico numeroso, hanno in questi giorni regalato al web diverse chicche come “mi ho imparato” e “chi più meglio di lei”.
Pare ovvio che questo possa scatenare l’ilarità e l’ironia del web, spesso anche da parte di chi ad oggi non sa ancora su che “e” mettere l’accento e accanto a quale vocale aggiungere la famosa “mutina”.
Sviste grammaticali, che non arrivano solo dai candidati Andriesi, ma da più o meno tutti i politici del mondo, spesso a causa non dell’ignoranza, come qualcuno facilmente ironizza, ma dalla sovraesposizione ai social e ai media ai quali si è costretti a ricorrere in quest’ultimo mese di campagna elettorale per accaparrarsi la maggiore visibilità possibile.
Il problema nasce però, quando il commento ironico degenera, addirittura fino ad augurare “l’impiccagione” ai candidati.
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E’ proprio per questi motivi che abbiamo deciso di intervistare la candidata sindaca Laura Di Pilato, che negli ultimi giorni, assieme agli altri candidati al consiglio comunale è stata sommersa non solo dall’ironia, ma anche da una vera e propria violenza verbale da parte di tutto il web.
Querela e violenza penale.
Alla Di Pilato abbiamo chiesto, nella sua veste professionale di avvocato, quali sono i rischi che corre chi decide di lasciare post e commenti denigratori, spesso violenti, forse pensando di restare impunito o nell’anonimato per sempre.