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giovedì, 2 Maggio 2024
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Castel dei Mondi – Il racconto della pandemia in un “soffio”

Raccontando “Il soffio” di Pirandello, Nicola Conversano porta in scena tutta l’ansia e il terrore vissuti in questi ultimi anni

Il soffio come esaltazione dell’ultimo respiro, il soffio come la caducità della vita ma il soffio come anche vero e proprio strumento di morte.

Un individuo scopre che, congiungendo pollice e indice e soffiando sulle dita davanti a delle persone, le fa cadere morte. Succede, involontariamente, col segretario di un amico e poi con l’amico stesso. Questa scoperta mina la sua stabilità mentale e lo porta alle soglie della pazzia, fino a sentirsi lui stesso la morte in persona.

Non è difficile scorgere in questa novella, tutta l’ansia provata in questi anni, in particolar modo nei primi mesi del 2020 (“L’epidemia! L’epidemia!”), della fila dei camion pieni di salme, manifesti mortuari affissi ad ogni angolo della strada, cimiteri così pieni di cadaveri da non saperli dove mettere (I 916 morti in una notte che non si sapeva dove mettere). Pirandello probabilmente scrisse questa novella perché aveva vissuto in prima persona la Spagnola che fu la causa di milioni di morti in tutta Europa. L’impazzimento generale che viene raccontato dall’autore, l’abbiamo rivisto coi nostri occhi in questi ultimi anni, di gente impaurita che prova a scappare via dal terrore di un qualcosa di indefinito, e persino quando il protagonista si rende conto di essere l’artefice di quelle morti col suo soffio e prova a mettersi una mano davanti alla bocca, non può non essere venuto in mente il gesto stesso di indossare la mascherina. Il protagonista si sente responsabile della morte degli altri, così come un po’ tutti ci siamo sentiti responsabili dell’aumento  dei contagi, di aver costretto a casa per un periodo più o meno lungo di tempo, persone a noi care. Ci siamo sentiti piccoli carnefici inconsapevoli, tutto grazie al nostro soffio.

Nicola Conversano si è calato perfettamente nei panni di un uomo comune al quale, da un momento all’altro, sembra cascare il mondo addosso. Interpreta molto bene lo smarrimento iniziale dovuto alle morti improvvise, tenendo un tono remissivo, e poi accompagna lo spettatore nelle nevrosi del protagonista, cambiando tono di voce e mimica facciale, man mano che la follia prendesse il sopravvento su di lui.

Il palco scarno, solo la sedia, un tavolo, ed un giornale. Un po’ come tutti quelli costretti a casa in isolamento, chiusi in stanza da soli in preda alle proprie paure, a controllare i “malesseri indefiniti” dentro noi.

Ora che la pandemia sembra rallentare la sua presa, serviva chi raccontasse in maniera, anche se non proprio diretta, il sentimento di questi ultimi anni e Nicola Conversano è riuscito a farlo con grande umanità e grande maestria.

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